siria

Tutto era già pronto, curati gli ultimi dettagli. Dalla Turchia e Libano sono arrivate, nelle ultime settimane, tonnellate di nuovi armamenti ai terroristi tagliagole in Siria, i corsi accelerati degli ufficiali Nato (italiani compresi) erano finiti. Loro dovevano intervenire a seguito dei bombardamenti USA-Nato, che coi missili da lunga gittata contavano di distruggere l’intera forza aerea siriana. I mezzi, ovviamente, non mancavano, l’alleanza dei guerrafondai (USA, Gran Bretagna e Francia) poteva contare dell’appoggio dell’Arabia saudita e le petromonarchie, di Israele, Turchia. Tutta la potenza economica e militare del pianeta, si direbbe “l’armata invincibile”. Allora? Cosa li ha fermati? E’ stata la resistenza siriana che non si è spaventata per niente, le mobilitazioni nel mondo, il rifiuto di Russia, Cina, i paesi dell’America Latina e non allineati e, soprattutto, il distacco di una parte della borghesia mondiale che questa volta non se l’è sentita di imbarcarsi in questa avventura.

 Perfino il più fedele alleato, il primo ministro inglese Cameron , ha trovato la strada sbarrata dalla mobilitazione popolare (Londra prepara grandi manifestazioni) e del parlamento che ha votato contro. La mozione per la guerra è andata sotto di 13 voti, con 30 conservatori che hanno votato contro la risoluzione del governo. Malgrado i guerrafondai abbiano potuto contare, tra i principali sponsor,di Blair che ha cercato in ogni modo di piegare l’opposizione dei laburisti.

Affianco agli USA solo i più fedeli servi: Israele, Turchia, e le petromonarchie già provate dal golpe in Egitto che le ha viste schierate su diversi fronti. Nello scenario le altre forze erano contrarie e molti, addirittura, attivamente contrarie. I russi hanno schierato la propria flotta e anche i cinesi si sono mobilitati. Insieme hanno fatto capire agli Usa che non credevano alla storia delle armi chimiche , che non sono disposti a stare a guardare e che sarebbero intervenuti perché consapevoli che la guerra in Siria non terminerebbe in Siria. Neanche i governi di destra dell’America Latina si sono detti favorevoli alla guerra. Il governo argentino, paese che detiene adesso la presidenza del consiglio di sicurezza dell’Onu, è stato chiaro : “se ne riparla dopo la relazione degli ispettori ONU”.

Determinante è stato il distacco della borghesia europea (soprattutto tedesca) e giapponese. L’Italia si è risparmiata la guerra grazie alla guida ex DC di Letta; non si sa cosa sarebbe successo, invece, se al governo c’erano i democratici come Bersani (“li in Libia abbiamo già sistemato tutto..”) o D’Alema, il distruttore della Jugoslavia.

I francesi che sembravano i più interessati hanno poi abbassato i toni . I francesi che insieme alla coppia USA-GB beneficiano dal nuovo “equilibrio” stabilito in quella zona martoriata, dove hanno scaricato una quantità di bombe mille volte superiore a quelle lanciate nella storia delle guerre : la campagna americana in medio oriente, fortemente sostenuta da inglesi e francesi era ed è quella di concentrare il potere e il dominio su quell’area. A contrapporsi sono quei paesi che ancora hanno pezzi importanti dell’economia nelle mani dello stato. La produzione e commercializzazione del greggio in Iraq, Libia e Siria restano, malgrado elementi di politica liberista che é subentrata negli ultimi anni, pubbliche. Addirittura avevano banche pubbliche e una struttura, benchè corrotta, che ostacolava l’espandersi del modello liberista e avevano cominciato a realizzare forniture che scambiavano con l’euro come moneta di riferimento, al posto del dollaro.

Ma il fronte mondiale contro l’attacco in Siria, capeggiato da Russia e Cina ha costretto i paesi europei a fare due conti, si rischiava di restare senza petrolio, senza il gas russo il prossimo inverno e, a su volta, si mettevano a rischio mercati importanti come il cinese. “Business is business, dear Obama” .

Un ulteriore ostacolo per gli USA è stata la decisione del governo egiziano di chiudere il canale di Suez al passaggio delle navi da guerra. Il canale, di per se, non è utile alla guerra breve e “chirurgica” proclamata da Obama; ma siccome la guerra si sarebbe allargata comunque, il passaggio tra Mediterraneo e Mar Rosso sarebbe diventava, poi , di grande importanza. Ma al di fuori da scenari futuri, politicamente il diniego egiziano è contro gli impeti bellicosi degli americani e i loro alleati: alqaidisti, Fratelli musulmani, salafiti e seguito.

Questo tentennamento degli USA avrà senz’altro ricadute sul processo rivoluzionario in Medio Oriente e Nord Africa. Sarà uno stimolo per il popolo siriano a cacciare definitivamente i criminali che hanno occupato il paese e seminato, dovunque sono passati, devastazioni e morte; per aprire una nuova stagione di riforme e partecipazione democratica che possa allargarsi agli altri paesi, come l’Egitto. Una svolta che annulli le misure liberiste e di privatizzazioni che hanno generato disoccupazione e miseria, e che hanno aperto la strada a provocazioni come quelle sofferte dal popolo siriano. Per la ripresa dello spirito nazionalista e rivoluzionario con il quale questi paesi sono usciti dal colonialismo, rilanciando gli ideali federativi.

 Gli USA non demorderanno e continueranno a montare provocazioni e guerre , ma l’attuale rinvio crea condizioni per un altro scenario in Medio Oriente, favorevole alle masse e all’unificazione delle lotte di liberazione nazionale e sociale.

 Giorgio Ceriani

 

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