Sempre più spesso, in questi  ultimi tempi , mi imbatto in profeti e saggi che nelle discussioni sui temi sociali sostengono a spada tratta la tesi meritocratica secondo la quale una società dovrebbe costituirsi sul principio fondamentale che ad andare  avanti siano i più bravi. Questa tesi reazionaria è da mettere a nudo. In questo articolo  provo a dimostrare che,  in un sistema dove l’organizzazione del lavoro è categoriale e dove persiste una differenza di classe tra categorie,  una società civile non può assolutamente fondarsi sul principio meritocratico. La dimostrazione è per assurdo e si ottiene a partire dalle definizioni di  società civile e merito. Una società civile è necessariamente una società dove non esiste vincolo alcuno (dunque né di classe né di genere né di altro tipo) che possa  impedire  all’individuo che ne fa parte di raggiungere le massime sfere della conoscenza e dunque della cognizione. Cos’è il merito in una società  idealmente meritocratica  in cui persiste una suddivisione del lavoro in categorie ed  in classi sociali? Il merito è sicuramente la condizione necessaria al passaggio di classe anzi possiamo dire che il merito consiste  esattamente nel passaggio di classe.  Ora poniamo per assurdo che in una società si fatta, cioè idealmente meritocratica e classista, un bel giorno quasi tutti gli individui che ne fanno parte decidano di intraprendere un percorso di studi, ed essendo essi  brillanti studiosi, nella stragrande maggioranza raggiungano le più alte sfere della conoscenza ; a questo punto  gli individui stessi, brillanti studiosi ed eccellenti conoscitori delle diverse materie di  studio, dovranno organizzare la società e  decidere a chi affidare i compiti di più basso profilo teorico, ora ditemi, chi accetterà  di sua spontanea volontà un declassamento per svolgere compiti come  il facchino all’aeroporto? Chi vorrà, pur avendo una laurea in medicina o in lettere o in biologia,  fare lo spazzino? Un bel dilemma! Eppure una società classista e categoriale è ghiotta di  manodopera anzi possiamo affermare con certezza matematica che una società classista e categoriale si  regge su una maggioranza di individui che svolgono quotidianamente i lavori più usuranti ed alienanti necessari  sia alla nostra sopravvivenza come specie umana che a generare quel profitto che poi costituisce il merito degli eletti. Ritornando al dilemma, converrete con me che nessuno accetterà un declassamento di sua spontanea volontà,  inoltre, valendo il principio meritocratico ideale, abbiamo escluso per ipotesi un declassamento forzato,  in più sarebbe da stupidi affidarsi a quella minoranza di fricchettoni che hanno deciso di non studiare e bensì spassarsela, anche perché il fricchettone che ha deciso di spassarsela  ha deciso anche di non lavorare.  Il dilemma  è irrisolvibile:  applicare  il principio meritocratico  equivale a sperare che la maggior parte degli individui siano sufficientemente stupidi in modo  che non abbiano a pretendere nulla sulla loro condizione sociale. La meritocrazia come base costituente di una società civile contrasta dunque con la definizione stessa di società civile. Io auspico in  una società in cui ogni individuo è sostenuto a raggiungere le più alte sfere della conoscenza. Se questa società fosse realizzata essa sarebbe sicuramente una società civile in cui non esisterebbe organizzazione né classista né categoriale del lavoro. Essa sarebbe una società in cui tutti farebbero tutto. Per raggiungere questo scopo sarebbe necessaria una rivoluzione sociale con un programma molto complesso e violento, ma  un punto da cui iniziare esiste: lottare affinchè in costituzione,  nella nostra costituzione,  venga messo al primo punto la redistribuzione del reddito fra i cittadini.

Pasquale Vecchiarelli

Spread the love