Domenica 11 aprile

alle 18, 30 proiezione del film

LE OMBRE ROSSE di Citto Maselli.

Le Ombre Rosse
Citto Maselli: Da 40 anni mi tolgono il saluto…
del 03/09/2009 di Maurizio Ermisino

Il suo è un film che nasce dall’urgenza da dire qualcosa, da un rimpianto. In che momento è nato?

È nato durante il governo Prodi, questo momento di follia salottiera della sinistra, dove c’era la conquista del salotto televisivo come punto fondamentale, addirittura raccontando come grande avventura le tre presenze raggiunte. Ma questi sono discorsi folcloristici: il punto è più complesso, come cerco di dire nel film. È che c’è un intreccio fortissimo tra una straordinaria, geniale cultura berlusconiana che in trent’anni è riuscita a imporsi in Italia e a infiltrarsi fermamente dentro la sinistra. Oggi parole come “mercato”, “privatizzazioni”, “acqua bene comune” sono cose che non si possono più dire. L’altro giorno parlavo di “anti-trust” e mi è stato detto che è una frase antica. Ma è una cosa di cui parlava Roosevelt. Si è a questo punto in tutta la sinistra. Ma in questo senso io credo molto nell’esistenza di un partito piccolo come Rifondazione.

Il mercato come va affrontato? A un
certo punto del suo film il problema si pone…

È un meccanismo oggettivo e reale, ma è tutto da regolare. Se tu lasci il mercato ai suoi meccanismo diventa la giungla. È un discorso di Roosevelt e di Keynes, non di Lenin… Regolare il mercato significa finalizzarlo al benessere comune e andare a scontrarsi con tutti gli agglomerati di interesse che sono potentissimi.

Qual è il personaggio del suo film che le dà più fastidio?

Nessuno. Perfino il personaggio di Fantastichini, questo architetto completamente sedotto dal potere e dagli affari, è quello che alla fine dice: “ma noi crediamo veramente in qualcosa”. Non a caso il personaggio di Roberto Herlitzka dice: “una volta tanto ha detto una cosa giusta”.

È un caso che l’ultima scena, quella della sconfitta elettorale, sia ambientata in un loft?

Non è un caso. Ma non mi riferisco al loft del PD. Ho cercato di rappresentare lo snobismo con cose come le automobili, il loft ben arredato.

Inizialmente il film doveva finire con quella scena? Ha voluto finire con più speranza?

Poteva anche finire così. In realtà avevo girato diverse soluzioni. Ho avuto la tentazione forte di finire negativamente. Ma poi è stato Sandro Curzi, sul letto di morte, a dirmi: tu non puoi permetterti di finire il film in questo modo…ma scherziamo? Siamo comunisti. Non potevo non finire con la scena di una costruzione di una casa, che per me rappresenta un partito. L’ho scelta accuratamente perché è una casa vera e propria, e non una baracca. È comunque una struttura.

Citto Maselli oggi nei confronti della politica com’è? Arrabbiato, deluso, disilluso?

Non mi pongo questi problemi psicologici. Da vecchio comunista me ne fotto delle sensazioni di amarezza che tutti possono avere. La mia idea è, malgrado tutte le emozioni negative, quella di andare avanti, di lavorare come punto fondamentale. Anche in un partito minuscolo, anche partendo da zero. Anche prendendo le misure come fanno le due ragazze alla fine del film.

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