latinoamerica

TAVOLA ROTONDA alla Casa del Popolo di Torpignattara:

LA LOTTA PER VERITÀ E GIUSTIZIA AI TEMPI DI PAPA BERGOGLIO

 Mercoledi 27 marzo 2013, nel corso di un dibattito pubblico promosso da Progetto Sur, Casa del Popolo e ArteAttiva-Cafetin de Roma, che ha visto la partecipazione dell’ex-console Enrico Calamai, della giornalista RAI Cecilia Rinaldini e di numerosi esiliati latinoamericani, oltre cento persone si sono ritrovate per ragionare insieme sul significato dell’elezione al soglio pontificio di Bergoglio e sulle ricadute che questa avrà sul processo politico in atto in Argentina e America latina.

Dal momento della fumata bianca, non c’è luogo pubblico in cui gli argentini non siano stati sollecitati a esprimersi riguardo al nuovo papa, a confermare o meno le notizie sul suo passato. Soprattutto dopo la prima conferenza stampa del portavoce vaticano Lombardi, in cui attaccava pubblicamente un piccolo giornale argentino (Pagína 12) e un giornalista, Horacio Verbitsky – che da anni si occupa delle collusioni fra chiesa argentina e dittatura militare – per rassicurare l’opinione pubblica mondiale sul fatto che papa Francesco “aveva già chiarito la propria estraneità alla dittatura”. La dura reazione di Lombardi alla presunta campagna della “sinistra anticlericale” non ha mancato di suscitare curiosità e molte perplessità.

La Casa del Popolo ha deciso di ospitare un dibattito in occasione della ricorrenza dell’anniversario del golpe militare del 1976 che portò alla dittatura dei 30.000 desaparecidos.

Il dibattito ha chiarito molti punti riguardo la natura della repressione seguita alla decisione di Perón di porre fine al governo della sinistra peronista uscito vincente dalle urne nel 1973 e che durò solo 49 giorni. La destra nazionalista aprì allora una stagione di repressione delle lotte sociali, che finì tragicamente nel golpe militare, alla cui realizzazione concorsero da una parte le grandi potenze (USA, Italia, P2) e dall’altra le imprese (come la la siderurgica Acindar) e la gerarchia cattolica, che partecipò anche alla scelta della tecnica della desaparición, “utile” a garantire l’efficacia di una dittatura che sottotraccia eliminava brutalmente l’opposizione mentre in superficie mostrava il volto di un paese normale che organizzava un mondiale di calcio o una fiera commerciale dell’Urss che mostrava un gigantesco ritratto di Lenin.

A circa un mese dell’elezione del nuovo papa abbiamo avuto la possibilità di valutare le prese di posizione delle organizzazioni per i diritti umani argentine, Madri e Nonne di Piazza de Maggio, Hijos, di Pérez Esquivel e altri che, dopo un primo momento di sconcerto, hanno deciso di evitare lo scontro frontale con Francesco I. Fermo restando l’appoggio a continuare fino alle ultime conseguenze i processi avviati coi governi Kirschner, tutti e tutte si sono detti possibilisti e speranzosi riguardo al nuovo governo di Papa Bergoglio. Gli stessi governi latinoamericani mantengono una linea “diplomatica”. Anche Cristina Fernandez, che aveva avuto l’allora cardinale Bergoglio all’opposizione in alcuni punti qualificanti dalla propria gestione – come la tassazione alle ricchezze dell’oligarchia, la democratizzazione dei media, il sostegno al processo in atto per “la verità e la giustizia” sui crimini della dittatura e i diritti civili riconosciuti a omosessuali e coppie di fatto – ha sottolineato l’eventuale occasione che può rappresentare l’elezione del nuovo pontefice.

Anche durante la Tavola Rotonda questi toni sono emersi. C’è chi spera di più e chi di meno ma, anche nel nostro caso, si è tracciata una linea netta di pieno sostegno alla politica dei diritti umani dell’attuale governo argentino.

Tutte le democrazie che sono seguite a dittature o regimi razzisti sanguinosi, dalla Spagna al Sudafrica, passando per Argentina, Uruguay, Cile e Brasile hanno cercato di non “risvegliare nuovi odi, vendette e dispute”, ovvero di mettere una pietra sopra al passato, risparmiando non solo i criminali ma negando la possibilità che vittime e popolazioni potessero scoprire i reali mandanti e gli interessi che piegarono l’intera società per far prevalere profitti e ricchezze.

La dittatura argentina subentrò brutalmente a una società che, dopo una lunga resistenza e una massiccia partecipazione democratica, diede vita al governo Cámpora e a una stagione di grandi trasformazioni rivoluzionarie. Nel 1976 fu imposto con l’uso del fucile un programma neoliberista selvaggio, lo stesso che condusse il paese al default del 2001. Il governo di Cristina prova a ribaltare questa situazione; i processi alla dittatura sono gli strumenti con sta cercando di rimuovere gli ostacoli messi in piede dal precedente regime. Oggi, sul banco degli imputati stanno arrivando gli imprenditori, quelli che, per dirla con Videla “sono stati i principali beneficiari dell’operazione militare del 1976”, insieme alla gerarchia della chiesa e ai professionisti senza scrupoli. La politica argentina dei diritti umani e la ricerca della verità e della giustizia sono il terreno della lotta politica e della lotta tra classi; sono al pari delle politiche contro il FMI, per le nazionalizzazioni delle risorse e la banca, per la democratizzazione piena della comunicazione e della vita sociale. La lotta ha coinvolto una parte importante della società argentina, e ciò è stato alla base della sua capacità di smascherare le trame di complicità e di recuperare oltre cento bambini sequestrati ai propri genitori desaparecidos.

Per questo gridiamo:

Francesco I, giù le mani dai processi alla dittatura civico-militare in Argentina!

¡Ni olvido, ni perdón!

A PROPOSITO DI PAPA FRANCESCO

I POVERI DELL’AMERICA LATINA MARCIANO SCELGONO IL SOCIALISMO

L’arrivo del cardinale Jorge Bergoglio al vertice della Chiesa cristiana ci mette davanti a una serie di questioni sociali e politiche per nulla celestiali. I precedenti del neoeletto papa, al di là dei suoi rapporti con la dittatura militare di Videla e Massera, sono un segnale evidente della direzione intrapresa dalla Chiesa, all’interno di un contesto di crisi sempre più profonda del sistema capitalista.

La gerarchia vaticana, in sintonia con il potere mondiale e sfruttando l’influenza dei media, sta cercando con ogni mezzo di costruire l’immagine di un Papa popolare, dai modi semplici e vicino ai più umili. Ma viene da chiedersi: sarà sufficiente un semplice cambio di facciata per mascherare la crisi interna alla Chiesa? La reazione nervosa del portavoce Lombardi contro la “sinistra anticlericale” che denuncia la vicinanza del nuovo pontefice alla destra peronista e la complicità con la giunta militare dell’ultima dittatura argentina, dimostra che non sono sufficienti ripetute mani di vernice, perché le macchie e le crepe rischiano comunque di apparire in superficie.

La crisi capitalista mondiale nelle sue manifestazioni più acute – l’avidità del potere finanziario ed economico mondiale che provoca continue sofferenze alle popolazioni delle potenze occidentali (disoccupazione, eliminazione dei più elementari diritti) e sottopone i popoli ancora più poveri di Medio Oriente e Africa a guerre criminali per il controllo delle risorse e la conquista di nuove aree di dominio – ha avuto un grosso impatto sul governo della Chiesa di Roma, travolgendola allo stesso modo del potere politico, militare ed economico mondiale.

In America Latina è in corso un processo rivoluzionario che genera fenomeni di progresso sociale, culturale e scientifico che vedono coinvolti milioni di persone che nella pratica quotidiana della trasformazione maturano la consapevolezza della possibilità di cambiare le proprie condizione di vita, a partire da adesso, senza aspettare le ricompense dell’aldilà.

Una parte della chiesa latinoamericana di base, interpretando le ansie e i bisogni di trasformazione dei popoli, li ha accompagnati gomito a gomito, condividendo con loro sofferenze, rivendicazioni e lotte. Le gerarchie vaticane, a partire dallo stesso Whoityla per finire a Ratzinger, hanno cercato di contrastare in ogni modo la Teologia della Liberazione. Molti predicatori della “chiesa dei poveri” sono stati scomunicati, come i nicaraguensi, radiati come Hélder Pessoa Câmara e De Nevarez, assassinati come monsignore Oscar Romero, a migliaia arrestati, torturati e uccisi nelle prigioni delle dittature. Solo in Argentina, tra il 1976 e il 1983, sono stati ammazzati e fatti scomparire centocinquanta tra preti e suore.

Com’è possibile che Bergoglio non si fosse reso conto allora di quanto stava succedendo? Tutte le gerarchie ecclesiastiche locali sono state complici dei regimi più sanguinari, non perché “non si poteva far niente” ma perché condividevano con questi la volontà di contrastare l’ascesa delle masse al potere.

Non è un caso se oggi la chiesa latinoamericana si ritrova screditata e ha perso la metà dei suoi fedeli. Sta pagando per gli errori del passato ed è spiazzata dal progresso sociale e culturale dei popoli. Oggi, grazie all’opera dei cubani e ai processi di trasformazione in atto, l’analfabetismo è scomparso in buona parte del continente.

L’America Latina, negli ultimi anni, si è trasformata in un gigantesco laboratorio politico e sociale: integrazione continentale, controllo pubblico delle risorse naturali, centralità dello stato nella programmazione economica, riforma agraria e partecipazione democratica dei popoli, con particolare attenzione ai popoli originari. Milioni di persone, fino a poco fa relegate ai margini della società, stanno conquistando dignità e diritto all’esistenza.

La Chiesa è stata complice delle dittature ed è estranea al cambiamento in atto, in particolare quella argentina è sempre stata tra le più reazionarie. Sono infatti numerosi i casi di alti prelati collusi con i militari, come Pio Laghi, monsignor Plaza e altri. Inoltre si è prestata al gioco sporco di illudere i parenti delle vittime, che cercavano notizie dei propri cari, speranza e conforto, promettendo improbabili esisti positivi. Lo scopo era contrastare la crescente lotta delle madri di Piazza di Maggio, che rappresentarono il primo coraggioso colpo alla dittatura civico-militare.

Non sarà sufficiente un Papa reso più presentabile a risolvere gli innumerabili problemi della Chiesa, gli stessi che hanno consumato Ratzinger: corruzione, degenerazione morale, scandali sessuali e partecipazione agli affari finanziari più foschi mediante lo IOR.

Un’altra questione importante sarà come utilizzare il proprio prestigio in questa fase della storia in cui coesistono in modo contraddittorio la crisi capitalista e la moltiplicazione di esperienze rivoluzionarie in America Latina. Quando ci fu la crisi dei paesi socialisti europei, il Vaticano, con Woithyla, giocò un ruolo di primo piano nell’opera di smantellamento dell’area di influenza dell’Urss. Quale sarà la politica del nuovo Papa nei confronti dell’America latina? L’inaspettata morte del presidente venezuelano Hugo Chávez è considerata dai poteri mondiali come una ghiotta occasione per arrestare quel processo.

Se si vuole “stare coi poveri di questa terra” si deve capire che i poveri dell’America Latina percorrono strade, anche se difficili, di liberazione. In questi anni sono stati loro i protagonisti delle trasformazioni sociali in corso. I popoli indigeni e le masse urbane non sono disposti a rinunciare alle conquiste sulla terra in cambio di ipotetiche ricompense ultraterrene. Preferiscono processi sociali concreti, come “la patria grande”, la “rivoluzione bolivariana per il socialismo del secolo XXI” la “rivoluzione cittadina”e il “richiamo e la difesa della madre terra”.

Spread the love