FIATo CORTO
Il 13 Gennaio 2011 a Mirafiori si svolse il referendum sull’accordo-ricatto di Marchionne. Con quel referendum la dirigenza Fiat chiedeva ai lavoratori di rinunciare ad una serie di diritti tutelati dal contratto nazionale e conquistati dalla classe operaia in anni di dure lotte, al fine di realizzare il presunto rilancio dello stabilimento di Mirafiori. La Fiom e il partito della Rifondazione Comunista, fermamente contrari all’accordo, realizzarono il massimo sforzo politico per sostenere le ragioni del No, era evidente che non si trattava di un accordo ma di un ricatto ed era altrettanto chiaro che il piano “ fabbrica italia” era un bluff . “La Fiat – pone in essere un ricatto di tipo mafioso nei confronti degli operai e nello stesso tempo conduce un’azione eversiva nei confronti della Costituzione italiana” – dichiarazione di Paolo Ferrero segretario di PRC, Gennaio 2011. Fu una campagna politica difficilissima perché chiedere ad una madre/padre di famiglia di votare No all’accordo, assumendosi il rischio della perdita del posto di lavoro, era oggettivamente complicato. Vinse il si grazie ad una manciata di voti dei colletti bianchi e seguirono le felicitazioni di Bonanni e Angeletti convinti di aver salvato la Fiat e i lavoratori. Ora, a quasi due anni di distanza, abbiamo la dimostrazione che le nostre analisi erano corrette. Il piano “fabbrica Italia” era un bluff , non è mai esistito, nessuno l’ha mai visto. Il rilancio dell’azienda non è avvenuto perché, com’è chiaro anche ad un bambino, colpendo i diritti dei lavoratori non si rilancia l’azienda si rilancia il valore delle stock option dell’amministratore delegato. Oggi Marchionne, come in passato ha fatto la famiglia Agnelli, chiede soldi al governo minacciando chiusure e delocalizzazioni. Questi sono i grandi tecnici, quelli che hanno studiato nelle migliori business school del mondo, quelli che hanno conseguito i migliori master MBA, quelli che la new economy la mangiano a colazione , quelli che alla prova dei fatti deludono miseramente. Adesso Marchionne chiede i soldi a “papà” per salvare la fabbrica, sono tutti grandi liberisti a parole poi nei fatti chiedono aiuto allo Stato. Mia nonna, che aveva un tabacchino, avrebbe fatto certamente di meglio. Chiediamo che questo dramma finisca una volta per sempre: se lo Stato deve salvare la Fiat, come ci auguriamo che avvenga, allora vogliamo che la Fiat sia nazionalizzata. Con i miei soldi voglio sostenere lo sviluppo dell’azienda nella direzione di una riconversione ecosostenibile della produzione automobilistica, non voglio sostenere le stock option di Marchionne.
Pasquale Vecchiarelli