BUON 8 MARZO DI LOTTA A TUTTE ED A TUTTI (iniziando dalla grammatica)
Buon 8 Marzo di lotta a tutte ed a tutti, perchè la Questione di Genere non è soltanto questione di donne. Battersi per risolvere la Questione di Genere è infatti lotta rivoluzionaria nella lotta rivoluzionaria; è patrimonio comune che dovrebbe essere acquisito – spesso non lo è – dalle comuniste e dai comunisti, che oltre al lavoro politico, sociale e culturale per smontare questo sistema di produzione di sfruttamento delle essere umano sull’essere umano il cui nome è Capitalismo! – agiscono per il superamento della società maschilista e femminicida (a partire dalla questione della violenza del maschile sul femminile nella Grammatica per passare alle discriminazioni nella vita e sul lavoro, alla mercificazione dei loro corpi, agli abusi, agli stupri, alle donne morte ammazzate “per amore”). Molte-i compagne-i pensano che basti impegnarsi per il passaggio dal Capitalismo al Socialismo della Produzione per avere gioco facile sulla Questione di Genere. Le cose, al solito, sono più articolate. E’ molto importante non farsi prendere dalla foga meccanicistica perchè non è scritto da nessuna parte che una società comunista sarebbe aprioristicamente società di parità di Genere. Ecco il senso di lotta nella lotta, rivoluzione nella rivoluzione! Molto nel PRC e nei Circoli del nostro Partito può ancora essere fatto per offrire all’esterno di noi ed a noi stesse-i l’immagine di un Partito più plurare, maschile e femminile insieme. Quindi al lavoro, perchè c’è tanto da fare. Rinnovando a tutte ed a tutti l’augurio di un meraviglioso 8 Marzo, regaliamoci questo pezzo di Anais Ginori, ben augurante e al contempo mesto, buon viatico e amaro in bocca, sulla richiesta delle donne progressiste francesi di parità di Genere a partire dalla Grammatica. Cari salute-i a tutte-i.
A nome del Circolo PRC di Torpignattara
Francesco
LA GRAMMATICA E’ MASCHILISTA.
LE DONNE FRANCESI VOGLIONO CAMBIARLA
Anais Ginori, “La Repubblica”, Gennaio 2012
«Que les hommes et les femmes soient belles!», che gli uomini e donne siano belle. Nessuno può pronunciare questa frase senza venire immediatamente bacchettato dai puristi della lingua. Eppure è questo il titolo di un appello per riformare la grammatica che sta circolando in Rete, ripreso anche da Le Monde. Da secoli infatti la concordanza dell’ aggettivo prevede che il genere maschile prevalga su quello femminile. Si dice “gli uomini e le donne sono belli”, non il contrario. Sembra una di quelle tipiche sfumature che appassionano studiosie accademici. Invece, secondo i gruppi che hanno promosso la petizione già firmata da oltre 4mila persone, questa regola nasconderebbe un immaginario maschilista duro a morire e avrebbe addirittura conseguenze nella vita di tutti i giorni. «Se neanche nella lingua esiste la parità di genere – spiega Clara Domingues, docente di letteratura e presidente di un’ associazione femminista – come sperare che la condizione delle donne faccia progressi in famiglia o negli uffici?». La forza delle parole. Nonostante pari diritti e dignità per entrambi i sessi siano iscritti nella Costituzione, argomentano le promotrici dell’ appello, esiste ancora una grammatica “sessista”. «La cosa più grave – si legge nella petizione – è il fatto che questa idea di un genere superiore all’ altro venga trasmessa anche a scuola nell’ insegnamento del francese ai bambini». Le associazioni militano per un cambio dei manuali nel quale sia prevista la possibilità di accordare aggettivie participi secondo il genere del nome più vicino. Ad esempio: «Un cappello e una giacca nere». Oppure: «Laura, Giacomo e Paola sono simpatiche». Femminismo a parte, una grammatica meno schiacciata sul maschile, offrirebbe più libertà nella costruzione delle frasi e sarebbe esteticamente più elegante, aggiungono le promotrici. Contrariamente a quel che si pensa, già nel greco antico e nel latino funzionava così. La petizione è stata inviata all’ Académie Française, guardiano della purezza della lingua, con scarse speranze di essere accolta. L’ istituzione fondata nel 1635 dal cardinale Richelieu ha sempre fatto argine ad ogni cambiamento in questo senso. Già dieci anni fa, l’ organismo si era rivolto con allarmismo al capo dello Stato. Le socialiste Martine Aubry e Elisabeth Guigou, appena nominate nell’ allora governo, avevano osato farsi chiamare “Madame la Ministre”. Da allora, ci sono state molte altre ministre e prima o poi l’ Académie dovrà registrare la novità. Per tradizione, si tratta di un’ istituzione esclusivamente maschile, sette donne tra i quaranta membri, la prima fu la scrittrice Marguerite Yourcenar nominata solo nel 1980. «Non abbiamo mai seguito le mode. La superiorità del maschile esiste almeno da tre secoli e non ho l’ impressione che sia rimessa in discussione nell’ uso comune del francese» spiega Patrick Vannier, che si occupa del dizionario dell’ Académie. La parità di genere può aspettare, almeno in senso linguistico.