BANTUSTAN ATESIA: CIGS PER 632 PERSONE “SCELTE”?
Almaviva Contact, uno dei più grandi call center nazionali, ha dato comunicazione alle organizzazioni sindacali di aver aperto la procedura di Cassa Integrazione Straordinaria (CIGS) per 632 dipendenti, che ora sono a rischio licenziamento. La strategia del gruppo è quella di disfarsi del sito di Cinecittà – CIGS “per cessazione di attività per la unità produttiva di Roma Via Lamaro” – a loro avviso in perdita. La sede in questione è quella storica, Atesia, dove tutto è cominciato con il precariato (prima la partita IVA ed il pagamento della postazione, poi i contratti co.co.co. e co.co.pro., la lotta del Collettivo PrecariAtesia e l’arrivo degli Ispettori del Lavoro) fino ad arrivare alla stabilizzazione – tra mille polemiche! – avutasi sotto il secondo Governo Prodi. E forse non è un caso che il padrone cominci a smantellare proprio da lì: una presenza ingombrante quella di Atesia, che fino al 2006 ha garantito galline dalle uova d’oro grazie a contratti straccioni fatti firmare tanto per, ma che dal giorno stesso in cui il “vituperatissimo” Contatto Collettivo Nazionale Telecomunicazioni è entrato in vigore non ha fatto altro che dare grattacapi alla famiglia Tripi, proprietaria del colosso. Già li vediamo mentre a tavola, davanti ad un bel bicchiere di Champagne, si chiedono: “perchè pagare INPS un terzo in più di prima o garantire malattie, ferie, e quant’altro? Perchè fare quello che gli altri nostri concorrenti non fanno?”. Da quale pulpito, verrebbe da dire. Certamente all’inizio tutto questo “sacrificio” padronale fu indispensabile per sanare con lo Stato una posizione che avrebbe potuto avere una rilevanza anche di natura penale (utilizzare manodopera precaria per prestazioni di dipendenza probabilmente configura reati di evasione fiscale e di danno all’erario) ma dopo cinque anni, le cose cambiano, ed in fretta. C’è ora più che mai la possibilità di delocalizzare anche all’interno del Paese, al Sud: infatti a Rende, vicino Cosenza, grazie agli incentivi statali per le aree depresse (finanziamenti a tasso zero, sgravi fiscali, contratti di primo inserimento: nel concreto vere e proprie gabbie salariali e regalie per i paperoni) è stato aperto da qualche tempo un nuovo sito che promette al padrone grandi cose (magari rinverdendo proprio quei fasti che furono di Atesia e che tanta ricchezza garantirono alla famiglia di Alberto e Marco Tripi grazie al lavoro di migliaia di precarie-precari). Cè un punto della questione che è ancora da chiarire e che sicuramente genererà polemiche e più di qualche casino: come sia possibile considerare “unità produttiva” il solo centro di via Lamaro quando in realtà l’amministrazione fiscale e legale per tutti e tre i siti fisici di Roma – gli altri due sono in via di Casal Boccone ed in via di Portonaccio – è praticamente la stessa. Che si voglia chiudere via Lamaro è un fatto che pure i muri conoscevano da tempo, ma che si voglia buttare fuori proprio la gente di quel posto è un altro discorso: siamo forse tornati ai reparti confino? La dottrina Agnelli-Marchionne ha fatto probabilmente scuola anche ad Atesia, ex gallina dalle uova d’oro.
Francesco Fumarola, 30 Agosto 2012