Oltretorrente, No pasarán!
Autore : Pino Cacucci
Balbo, t’è pasé l’atlantic mo miga la Perma, questa frase, scritta nel 1970, campeggia ancora oggi sul muro di via Mariotti a Parma e significa: Balbo (Italo) avrai anche passato l’Atlantico, ma non sei riuscito a passare il torrente di Parma. In questi giorni di Aprile, in piena primavera, è più forte il ricordo dei Partigiani che hanno lottato per liberare l’Italia dal nazifascismo. Io li voglio ricordare scrivendo una breve recensione del romanzo Oltretorrente di Pino Cacucci. IL romanzo è stato pubblicato nel 2003 e narra la dura e sanguinosa battaglia dell’Oltretorrente , antico quartiere popolare di Parma, svoltasi nell’Agosto del 22 e vinta dai Partigiani dopo alcuni giorni di durissima resistenza. Pino Cacucci lascia che a raccontare la storia dell’Oltretorrente sia un vecchio Ardito del Popolo in un’osteria il 28 Luglio del 1979, esattamente quattro giorni dopo l’uccisione per mano fascista del diciannovenne Mariano Lupo militante di Lotta Continua. Nell’osteria i giovani Compagni vogliono ascoltare la storia dell’Ardito e lo invitano ad un bicchiere di vino: “Ma davvero eri sulle barricate con Picelli?”, “Si , con Picelli e tutta la Parma dell’Oltretorrente. Ma chi se la ricorda più quella storia adesso..”. Il romanzo è decisamente fluido, quasi cinematografico e ricco di dettagli storici. La battaglia dell’Oltretorrente i fascisti l’hanno persa nonostante la netta superiorità numerica: circa diecimila fascisti contro mille eroici Partigiani. E’ famoso il discorso che il generale Lodomez rivolge al Ras di Ferrara, Italo Balbo, alcuni giorni dopo l’inizio dell’offensiva di Parma: “Ritiratevi ora, e salverete la faccia. Raccogliete i vostri morti e feriti, e ringraziate il cielo che ci siamo noi a impedirvi di farvi massacrare”.
L’autore è riuscito pienamente nel doppio intento di rapire il lettore, attraverso l’adrenalinico racconto di quelle afose notti d’Agosto passate con i fucili in mano dietro le barricate, e di obbligarlo a riflettere sulla necessità di prendere partito, prendere parte, parteggiare. Non è l’estetica del gesto ma è l’eroismo che nasce dalla volontà di non restare indifferenti. Non a caso nel libro troviamo un bellissimo pensiero di Antonio Gramsci che trovo attualissimo e che vi riporto di seguito.
Pasquale Vecchiarelli
“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita.
Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.
Antonio Gramsci , 11 Febbraio 1917